per intraprendere gli studi presso l’Istituto
d’Arte di Roma, dove consegue il titolo di
maestro d’arte che completa, poi, con il
diploma dell’Accademia di Belle Arti di Roma.
Svolge nel 1956 la sua prima mostra personale a Roma alla Galleria “Il Pincio” che lo
introduce nell’ambiente artistico romano che animava culturalmente l’area del triangolo Via Ripetta, Piazza
del Popolo e Via del Babuino.
Conosce così, tra gli altri: Alberto Ziveri, Renato Guttuso, Domenico Purificato, Marcello Avenali, Efisio
Oppo e Tarcisio Bedini.
Partecipa a diversi momenti espositivi in mostre collettive importanti, quali la VII
Quadriennale d’Arte e le rassegne Arti figurative di Roma e del Lazio.
Nel clima dell’epoca e per sentimento, si lascia coinvolgere nella politica e nel 1960
viene eletto sindaco di Monterotondo.
Torna poi alla sua mai sopita passione pittorica.
Si afferma artista di opere murali in edifici pubblici, realizzandone uno a Padova
e l’altro a Rignano Flaminio, vincendone i bandi pubblici.
Nel suo studio in Trastevere, nel 1966, realizza un’importante personale nell’attiguo
atelier di Marcello Avenali, presentato da Antonello Trombadori.
E’ di questo periodo il ciclo delle “tempeste”.
Intraprende un viaggio in Persia il cui ricordo alimenta un ciclo di opere tra le più
apprezzate del suo percorso artistico.
Programma, nel 1971, un nuovo viaggio in Oriente fino a Samarcanda, ma scompare improvvisamente
alla vigilia della partenza.
La critica ha evidenziato come la sua pittura abbia ben rappresentato significativi segmenti
dei linguaggi pittorici dei periodi che andava vivendo,
con esperienze di vita sempre molto intense e partecipate. Le sue opere riflettono degnamente le esperienze della
scuola romana, acquisite anche attraverso il suo legame con Alberto Ziveri (nudi femminili, ponti romani
e paesaggi). La sua pittura si carica di forti accenti di impegno sociale propri della stagione del neorealismo
del Secondo dopoguerra, che ha tanto segnato anche nel campo cinematografico il fervore di un epoca (contadini,
occupazione delle terre, fucilazione, fabbriche e paesaggi). Con l’ulteriore maturazione, nell’ultimo periodo, il
suo linguaggio si arricchisce degli insegnamenti del cubismo e della lezione espressionista (tempeste,
nature morte, mercati persiani e rive del Tevere).
Il critico Giorgio Segato conclude la sua presentazione alla “Antologica” di Padova del 1986
con la valutazione che l’attività creativa di Paolo Angelani è di “ grande valore e raffinatezza e che gli esiti
raggiunti sono tali da meritargli un posto davvero onorevole nella storia dell’arte italiana del secondo dopoguerra”.
A lui è intitolata dal 1990 la Biblioteca comunale di Monterotondo.
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